12 maggio 2008

Il caso Travaglio


In questa intervista a Furio Colombo si parla del caso Annozero. Ultime micce per farla chiudere. Il nostro cervello è costantemente bombardato da opinioni distorte, confuse, false, date e smentite, basate sul nulla e la gente viene letteralmente inebetita da questo continuo blaterare rumoroso. Quando un fatto irrompe nel ronzio televisivo si scatena il putiferio, e non chiaramente per contestare nel merito il contenuto delle informazioni che un superstite giornalista è riuscito a comunicare, a sprezzo del pericolo, ma perché si è permesso di dirle.Una ipnosi collettiva sotto informazioni false e distorte.

Colombo stiamo assistendo ad un ennesimo “caso Travaglio” o in ballo c’è il mantenimento della libertà di espressione in RAI e nel resto del paese?
“C’è un caso Rai evidentemente. La RAI nel suo insieme e nelle sue articolazioni è diventata allergica alla pura e semplice idea di libertà di informazione. Ciò che viene presentata come intervista, in realtà è intesa invece come una banale conversazione. Chi va alla Rai deve sapere che ci si aspetta di attenersi ad un galateo di pudici silenzi, ovvero di parlar d’altro. O al massimo di promuovere se stessi: un libro, un film, una canzone...

Se si rompe quel galateo, esprimendo o una libera opinione o un’informazione provata, di cui si è in grado di rispondere, se necessario anche sul terreno giuridico, in questo caso scatta un sistema , prima ancora che di allarme, di costernazione: “ma come ti offriamo il microfono per fare quattro chiacchiere e metterti in mostra e tu non stai al gioco e dici un opinione che contrasta con la cultura dominante (leggi governo), oppure di permetti proporre dei fatti di cui non si deve parlare?”. Lo scandalo monta prontamente!

Vorrei far notare l’identità di situazioni fra ciò che è accaduto a me, sempre nella stessa trasmissione il 5 aprile del 2005, e ciò che è accaduto a Travaglio l’altro giorno. Era un’intervista sull’aver lasciato il posto di direzione dell’Unità. Io risposi che il mio desiderio più grande era di vivere in un mondo senza più essere governati da Berlusconi, che nella stampa internazionale è considerato “una barzelletta che cammina”. Improvvisamente, è entrata come in una situazione fantozziana la voce del direttore generale in studio, che invece di affrontare l’argomento ha chiesto a Fazio di chiamare subito Mike Buongiorno l’altro ospite, perché voleva fare un’offerta a Buongiorno per farlo ritornare alla RAI e testimoniasse quello spirito di pacificazione di cui avrebbe avuto tanto bisogno l’Italia. In ogni modo, l’intervento di Meocci pose fine alla mia intervista, nel caso avessi avuto bisogno di dire altre cose. Immagino il risultato onirico di questo intervento della voce fuori campo “tonante” del direttore generale di allora!

La cosa ha avuto esattamente lo stesso seguito. A Fazio fu imposto subito di chiedere scusa agli spettatori per gli insulti a Silvio Berlusconi e per il “livore dimostrato da Colombo”, parola inventata da Bondi e Cicchitto per definire qualsiasi critica a Berlusconi.

Si intende che questo non toglie nulla alla qualità di Fazio, che è bravo ed è stato obbligato dalla direzione generale a chiedere scusa. La scena si è ripetuta esattamente dopo che Travaglio ha citato fatti che appaiono in almeno due libri, uno dei quali pubblicato da tempo e mai oggetto di contestazione o di querela. In questo caso, l’imbarazzo di Fazio era evidente, l’intervento pesante e diretto della direzione generale si era già espressa con un comunicato, come se essa avesse il diritto di recensire le interviste.

Ma c’è un aggravante senza precedenti. Invece di stare dalla parte per la libertà di espressione, che se la usi male viene il giudice, l’opposizione, e specificamente la senatrice Finocchiaro del PD, è corsa in aiuto del presidente del Senato.

Di conseguenza, nell’Italia di oggi un solo giornalista che ha citato fatti pubblicati e finora non contestati si è trovato contro tutta la RAI, la presidenza del Senato con tutto il suo peso, e il capo dell’opposizione al Senato, presumibilmente in rappresentanza dei sentori di tutta l’opposizione.

Ora, si può star tranquilli che nessuno ci riproverà, perché è stata confermata con forza l’idea che in RAI si va solo per fare quattro chiacchiere, grati dell’invito e attenti ad evitare quell’imperdonabile maleducazione che è avere un’opinione o proporre una citazione”.

Siamo di nuovo in momento critico per la libertà di espressione. Ma è giusto “morire per Travaglio” e lasciare che la Rai vada alla deriva?
“Si tratta di libertà di espressione dell’esercizio della professione giornalistica nel suo e nel mio caso. Quando si tocca la libertà di espressione giornalistica sul servizio pubblico, si imbocca un percorso immensamente pericoloso. E’ un vero segnale di allarme.”

Non c’è il rischio che per salvare un giornalismo di “rottura”, aspro, anticonformista, si fornisca l’alibi a chi oggi governa di modificare nel profondo la RAI, di ridurre gli spazi di agibilità di quanti non sono a livello dei vari Travaglio o Santoro, di dar vita insomma ad una “normalizzazione”, come fu con l’editto bulgaro tra il 2002 e il 2006?
Ogni volta che si nota una minaccia, e in questo caso si tratta di ciò, ogni volta che si attacca un solo giornalista, occorre reagire, come si può e negli spazi ancora liberi. E lo sto dicendo ad Articolo 21 e non al Corriere della Sera, che certo non vuol sentire la mia opinione, nè da Fazio, perché lui non avrà più l’occasione di invitare né me né Travaglio. Certo, incapperà in qualcun altro che non starà al gioco e la direzione generale riprenderà a far fuoco. Nel frattempo, spero che l’opposizione avrà capito che bisogna difendere la libertà di espressione e non dare la caccia al giornalista, cosa questa che ritengo molto più grave come comportamento, di quella che è invece aspettabile da parte di chi ci governa.

Mi scandalizzano le parole usate da Luciano Violante che chiama “pettegolezzo” ciò che ha scritto un giornalista che è scortato per minacce di mafia, ovvero Lirio Abbate, il cui frammento di libro è stato citato da Travaglio. Chiamare pettegolezzo una testimonianza di mafia, mi pare inconcepibile e sta allargando in modo allarmante il “livello Bondi”, che sta diventando il parametro a cui una parte di dell’opposizione aspira ad omologarsi”.
fonte: articolo21.info

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12 maggio 2008

Il caso Travaglio


In questa intervista a Furio Colombo si parla del caso Annozero. Ultime micce per farla chiudere. Il nostro cervello è costantemente bombardato da opinioni distorte, confuse, false, date e smentite, basate sul nulla e la gente viene letteralmente inebetita da questo continuo blaterare rumoroso. Quando un fatto irrompe nel ronzio televisivo si scatena il putiferio, e non chiaramente per contestare nel merito il contenuto delle informazioni che un superstite giornalista è riuscito a comunicare, a sprezzo del pericolo, ma perché si è permesso di dirle.Una ipnosi collettiva sotto informazioni false e distorte.

Colombo stiamo assistendo ad un ennesimo “caso Travaglio” o in ballo c’è il mantenimento della libertà di espressione in RAI e nel resto del paese?
“C’è un caso Rai evidentemente. La RAI nel suo insieme e nelle sue articolazioni è diventata allergica alla pura e semplice idea di libertà di informazione. Ciò che viene presentata come intervista, in realtà è intesa invece come una banale conversazione. Chi va alla Rai deve sapere che ci si aspetta di attenersi ad un galateo di pudici silenzi, ovvero di parlar d’altro. O al massimo di promuovere se stessi: un libro, un film, una canzone...

Se si rompe quel galateo, esprimendo o una libera opinione o un’informazione provata, di cui si è in grado di rispondere, se necessario anche sul terreno giuridico, in questo caso scatta un sistema , prima ancora che di allarme, di costernazione: “ma come ti offriamo il microfono per fare quattro chiacchiere e metterti in mostra e tu non stai al gioco e dici un opinione che contrasta con la cultura dominante (leggi governo), oppure di permetti proporre dei fatti di cui non si deve parlare?”. Lo scandalo monta prontamente!

Vorrei far notare l’identità di situazioni fra ciò che è accaduto a me, sempre nella stessa trasmissione il 5 aprile del 2005, e ciò che è accaduto a Travaglio l’altro giorno. Era un’intervista sull’aver lasciato il posto di direzione dell’Unità. Io risposi che il mio desiderio più grande era di vivere in un mondo senza più essere governati da Berlusconi, che nella stampa internazionale è considerato “una barzelletta che cammina”. Improvvisamente, è entrata come in una situazione fantozziana la voce del direttore generale in studio, che invece di affrontare l’argomento ha chiesto a Fazio di chiamare subito Mike Buongiorno l’altro ospite, perché voleva fare un’offerta a Buongiorno per farlo ritornare alla RAI e testimoniasse quello spirito di pacificazione di cui avrebbe avuto tanto bisogno l’Italia. In ogni modo, l’intervento di Meocci pose fine alla mia intervista, nel caso avessi avuto bisogno di dire altre cose. Immagino il risultato onirico di questo intervento della voce fuori campo “tonante” del direttore generale di allora!

La cosa ha avuto esattamente lo stesso seguito. A Fazio fu imposto subito di chiedere scusa agli spettatori per gli insulti a Silvio Berlusconi e per il “livore dimostrato da Colombo”, parola inventata da Bondi e Cicchitto per definire qualsiasi critica a Berlusconi.

Si intende che questo non toglie nulla alla qualità di Fazio, che è bravo ed è stato obbligato dalla direzione generale a chiedere scusa. La scena si è ripetuta esattamente dopo che Travaglio ha citato fatti che appaiono in almeno due libri, uno dei quali pubblicato da tempo e mai oggetto di contestazione o di querela. In questo caso, l’imbarazzo di Fazio era evidente, l’intervento pesante e diretto della direzione generale si era già espressa con un comunicato, come se essa avesse il diritto di recensire le interviste.

Ma c’è un aggravante senza precedenti. Invece di stare dalla parte per la libertà di espressione, che se la usi male viene il giudice, l’opposizione, e specificamente la senatrice Finocchiaro del PD, è corsa in aiuto del presidente del Senato.

Di conseguenza, nell’Italia di oggi un solo giornalista che ha citato fatti pubblicati e finora non contestati si è trovato contro tutta la RAI, la presidenza del Senato con tutto il suo peso, e il capo dell’opposizione al Senato, presumibilmente in rappresentanza dei sentori di tutta l’opposizione.

Ora, si può star tranquilli che nessuno ci riproverà, perché è stata confermata con forza l’idea che in RAI si va solo per fare quattro chiacchiere, grati dell’invito e attenti ad evitare quell’imperdonabile maleducazione che è avere un’opinione o proporre una citazione”.

Siamo di nuovo in momento critico per la libertà di espressione. Ma è giusto “morire per Travaglio” e lasciare che la Rai vada alla deriva?
“Si tratta di libertà di espressione dell’esercizio della professione giornalistica nel suo e nel mio caso. Quando si tocca la libertà di espressione giornalistica sul servizio pubblico, si imbocca un percorso immensamente pericoloso. E’ un vero segnale di allarme.”

Non c’è il rischio che per salvare un giornalismo di “rottura”, aspro, anticonformista, si fornisca l’alibi a chi oggi governa di modificare nel profondo la RAI, di ridurre gli spazi di agibilità di quanti non sono a livello dei vari Travaglio o Santoro, di dar vita insomma ad una “normalizzazione”, come fu con l’editto bulgaro tra il 2002 e il 2006?
Ogni volta che si nota una minaccia, e in questo caso si tratta di ciò, ogni volta che si attacca un solo giornalista, occorre reagire, come si può e negli spazi ancora liberi. E lo sto dicendo ad Articolo 21 e non al Corriere della Sera, che certo non vuol sentire la mia opinione, nè da Fazio, perché lui non avrà più l’occasione di invitare né me né Travaglio. Certo, incapperà in qualcun altro che non starà al gioco e la direzione generale riprenderà a far fuoco. Nel frattempo, spero che l’opposizione avrà capito che bisogna difendere la libertà di espressione e non dare la caccia al giornalista, cosa questa che ritengo molto più grave come comportamento, di quella che è invece aspettabile da parte di chi ci governa.

Mi scandalizzano le parole usate da Luciano Violante che chiama “pettegolezzo” ciò che ha scritto un giornalista che è scortato per minacce di mafia, ovvero Lirio Abbate, il cui frammento di libro è stato citato da Travaglio. Chiamare pettegolezzo una testimonianza di mafia, mi pare inconcepibile e sta allargando in modo allarmante il “livello Bondi”, che sta diventando il parametro a cui una parte di dell’opposizione aspira ad omologarsi”.
fonte: articolo21.info

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