20 maggio 2008

E Vendola licenziò il fannullone



Dieci minuti, l'anno scorso, bastarono alla sinistra radicale per affondare in Parlamento la cosiddetta legge «antifannulloni». Sganciando il siluro decisivo, il senatore rifondarolo Salvatore Bonadonna definì «insensata» la proposta ispirata da Pietro Ichino. Aggettivo, comunque, sempre più gentile di quell'«inquietante» che il segretario del Prc Franco Giordano ha recentemente appioppato alla nuova offensiva contro i fannulloni nella pubblica amministrazione.

Offensiva, quella contro i fannulloni nella pubblica amministrazione, lanciata dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, nei confronti della quale Giordano era insorto: «Così trionfa l'idea che il lavoro venga messo in riga». Ecco perché ciò che è successo all'Acquedotto pugliese è doppiamente clamoroso. Nei giorni scorsi un dipendente della società controllata dalla Regione Puglia, ente di cui è governatore il possibile futuro successore di Giordano, Nichi Vendola, è stato licenziato. Il provvedimento, a sentire l'amministratore unico della società, Ivo Monteforte, non ha precedenti. Questo il suo racconto: «Semplicemente, il dipendente non lavorava. O meglio, si presentava regolarmente all'Acquedotto, timbrava il cartellino e usciva con il suo compagno di squadra. Ma dopo un po' andava in un capannone e lavorava tutto il giorno con la moglie. La sera rientrava, timbrava di nuovo e se ne andava a casa». Insieme a lui hanno pagato anche il caposquadra, con una sospensione di una settimana, e il dirigente, multato. Come l'abbiano scoperto, Monteforte non lo dice. Ma non sarebbe davvero sorprendente se nelle indagini ci fosse stato il coinvolgimento di qualche professionista del ramo.

Quanto al comunista Vendola, certamente non ha appreso dalla stampa di questo licenziamento. Lo stesso Monteforte ammette «di aver informato l'azionista, ma a decisione presa». Ricavando la netta sensazione di avere il sostegno dei vertici della Regione. «Vendola non mi ha rimproverato », precisa. E quando gli si ricordano le posizioni che il partito del governatore ha assunto in occasione della polemica sui «fannulloni», l'amministratore dell'Acquedotto pugliese ribatte: «Com'è noto, non tutti a sinistra sono disposti a proteggere i pelandroni». Monteforte spiega di aver avuto «dal presidente della Regione», che lo ha ingaggiato 15 mesi fa, la seguente missione: «far funzionare il servizio integrato e dimostrare che anche un'azienda pubblica può essere efficiente». Strada, evidentemente, piuttosto in salita, dato che le perdite d'acqua della rete sono ancora al 37%. E dato che lo stesso amministratore non esclude che «con 1.700 dipendenti e un territorio vastissimo» il caso in esame possa non essere isolato. «Ma questa», racconta Monteforte, «era un'azienda dove si faceva carriera a prescindere da tutto, che aveva l'obiettivo principale di assumere e dare appalti, anche se gli utenti poi non pagavano. C'era un consorzio industriale moroso dal 1999». Nove anni di bollette non pagate, come capitava anche a qualcuno nella zona «bene» di Parchitello, a sud di Bari, che un bel giorno si è visto tagliare l'acqua. «Ora le bollette si pagano, gli investimenti si fanno, le perdite della rete si riducono. I dipendenti sono la nostra risorsa. Ma quelli che non lavorano sappiano che se li becchiamo non avranno scampo», avverte l'amministratore dell'Acquedotto. «Potranno anche andare a bussare dai politici, dagli onorevoli, non gli servirà a niente».

Sergio Rizzo

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20 maggio 2008

E Vendola licenziò il fannullone



Dieci minuti, l'anno scorso, bastarono alla sinistra radicale per affondare in Parlamento la cosiddetta legge «antifannulloni». Sganciando il siluro decisivo, il senatore rifondarolo Salvatore Bonadonna definì «insensata» la proposta ispirata da Pietro Ichino. Aggettivo, comunque, sempre più gentile di quell'«inquietante» che il segretario del Prc Franco Giordano ha recentemente appioppato alla nuova offensiva contro i fannulloni nella pubblica amministrazione.

Offensiva, quella contro i fannulloni nella pubblica amministrazione, lanciata dal ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, nei confronti della quale Giordano era insorto: «Così trionfa l'idea che il lavoro venga messo in riga». Ecco perché ciò che è successo all'Acquedotto pugliese è doppiamente clamoroso. Nei giorni scorsi un dipendente della società controllata dalla Regione Puglia, ente di cui è governatore il possibile futuro successore di Giordano, Nichi Vendola, è stato licenziato. Il provvedimento, a sentire l'amministratore unico della società, Ivo Monteforte, non ha precedenti. Questo il suo racconto: «Semplicemente, il dipendente non lavorava. O meglio, si presentava regolarmente all'Acquedotto, timbrava il cartellino e usciva con il suo compagno di squadra. Ma dopo un po' andava in un capannone e lavorava tutto il giorno con la moglie. La sera rientrava, timbrava di nuovo e se ne andava a casa». Insieme a lui hanno pagato anche il caposquadra, con una sospensione di una settimana, e il dirigente, multato. Come l'abbiano scoperto, Monteforte non lo dice. Ma non sarebbe davvero sorprendente se nelle indagini ci fosse stato il coinvolgimento di qualche professionista del ramo.

Quanto al comunista Vendola, certamente non ha appreso dalla stampa di questo licenziamento. Lo stesso Monteforte ammette «di aver informato l'azionista, ma a decisione presa». Ricavando la netta sensazione di avere il sostegno dei vertici della Regione. «Vendola non mi ha rimproverato », precisa. E quando gli si ricordano le posizioni che il partito del governatore ha assunto in occasione della polemica sui «fannulloni», l'amministratore dell'Acquedotto pugliese ribatte: «Com'è noto, non tutti a sinistra sono disposti a proteggere i pelandroni». Monteforte spiega di aver avuto «dal presidente della Regione», che lo ha ingaggiato 15 mesi fa, la seguente missione: «far funzionare il servizio integrato e dimostrare che anche un'azienda pubblica può essere efficiente». Strada, evidentemente, piuttosto in salita, dato che le perdite d'acqua della rete sono ancora al 37%. E dato che lo stesso amministratore non esclude che «con 1.700 dipendenti e un territorio vastissimo» il caso in esame possa non essere isolato. «Ma questa», racconta Monteforte, «era un'azienda dove si faceva carriera a prescindere da tutto, che aveva l'obiettivo principale di assumere e dare appalti, anche se gli utenti poi non pagavano. C'era un consorzio industriale moroso dal 1999». Nove anni di bollette non pagate, come capitava anche a qualcuno nella zona «bene» di Parchitello, a sud di Bari, che un bel giorno si è visto tagliare l'acqua. «Ora le bollette si pagano, gli investimenti si fanno, le perdite della rete si riducono. I dipendenti sono la nostra risorsa. Ma quelli che non lavorano sappiano che se li becchiamo non avranno scampo», avverte l'amministratore dell'Acquedotto. «Potranno anche andare a bussare dai politici, dagli onorevoli, non gli servirà a niente».

Sergio Rizzo

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