26 maggio 2008

La falsa guerra di Berlusconi alle banche

La misura presentata a sorpresa dal governo due giorni fa in materia di mutui ha spinto molti a credere che Berlusconi abbia deciso di dichiarare guerra ai poteri forti, quei “salotti buoni” dove non è mai stato accettato davvero. “Se le banche non accettano, allora gli mandiamo la guardia di Finanza”, ha infatti commentato scherzando il presidente del Consiglio, lanciando un segnale al mondo della finanza. Non sono mancati però coloro che hanno evidenziato che il provvedimento, a ben vedere, non risolve il problema e rappresenta al contrario l’ennesimo regalo alle banche, seppur differito nel tempo. Vediamo come stanno davvero le cose. La misura voluta dal ministro Tremonti prevede la possibilità per 1.250.000 famiglie che hanno stipulato un mutuo prima del gennaio 2007 di sostituire l’attuale rata variabile con una fissa, il cui importo è inferiore e pari a quello pagato in media nel 2006, quando i saggi di interesse non avevano ancora iniziato a crescere. La scadenza, ha assicurato l’inquilino di via XX settembre, “sarà quella del mutuo” e, se nel frattempo i tassi saranno saliti, il contratto durerà un po’ di più, altrimenti le banche restituiranno i soldi in più versati dal cliente. Stando ai calcoli dell’Abi, per un mutuo ventennale di 80.000 euro si potrebbe arrivare a circa 850 euro l’anno. I tassi di interesse però, è giusto sottolinearlo, rimarrebbero variabili: il saldo finale dare/avere quindi non potrà che dipendere dall’andamento dei saggi nei prossimi decenni. Ciò significa che la misura attutisce nel breve periodo le difficoltà delle famiglie, oberate dalle rate crescenti dei mutui per la prima casa e dal reddito fermo e corroso dall’inflazione, coerentemente con la visione lievemente “sociale” sostenuta da Tremonti nel suo discusso libro sulla globalizzazione; nel lungo periodo, però, se i tassi di interesse dovessero essere sfavorevoli per i clienti, la misura finirebbero per far pagare loro di più dal momento che nei primi anni del mutuo, per il noto meccanismo di calcolo alla francese degli interesse, il capitale restituito sarebbe inferiore e le rate coprirebbero solo gli interessi crescenti. Come ha sottolineato Gianni Pittella, presidente della Delegazione italiana del Gruppo socialista al Parlamento europeo, inoltre, “l’accordo siglato tra il governo Berlusconi e le banche non affronta il problema principale”, il fatto cioè che “nel settore dei servizi bancari al dettaglio il livello di mobilità dei consumatori non è garantito adeguatamente”. “Finché i consumatori non saranno messi in grado di passare da una banca all’altra con la facilità a cui hanno già diritto grazie alla Legge Bersani - ha spiegato - il mercato non sarà competitivo dal punto di vista dei costi per i consumatori”. Non affrontando nel suo negoziato con le banche il nodo mobilità, richiesto anche dalla Commissione e invano rincorso dal precedente governo con il decreto Bersani, l’esecutivo ha in sostanza attuato un “pannicello caldo”, proteggendo il sistema creditizio dalla corsa al ribasso delle tariffe innescata dalla mobilità. “Bene poter rinegoziare a tassi favorevoli il proprio mutuo, ma molto meglio sarebbe potere anche scegliere di rinegoziarlo” con una banca che offra tassi migliori, ha concluso non senza ragioni Pittella, esortando l’esecutivo ad impegnarsi a far rispettare la legge Bersani.
Che l’attacco alle banche sia stato per ora rinviato, d’altronde, si evince anche da un’altra scelta: il rinvio della misura che prevedeva di far restituire alle banche i pingui regali fatti dal governo Prodi con il taglio dell’aliquota fiscale delle imprese bancarie e i lauti extra-profitti derivati dalla congiuntura. Ufficialmente la ragione è che il governo vuole studiare meglio la questione; non è da escludere però che il contro-documento presentato dall’Abi con la richiesta di concrete contropartite all’esecutivo abbia influito non poco alla decisione finale.
Di certo l’atmosfera per le banche è cambiata rispetto al periodo Prodi, come ha ammesso il presidente dell’Abi, Corrado Fissola, parlando di “sacrifici da fare per le banche” per dare sollievo alla pianificazione finanziaria delle famiglie e “per il sostegno dell’economia nazionale”. Il compromesso raggiunto, però, alla lunga potrebbe addirittura essere favorevole per il settore, basti pensare che il comitato esecutivo dell’Abi ha approvato all’unanimità l’intesa, confermando che tali sacrifici non sono poi così grandi. Il numero uno di Unicredit Alessandro Profumo, inoltre, ha definito l’accordo raggiunto sui mutui “ottimo”, confermando così indirettamente che il “nuovo rapporto con le banche”, voluto dal Pdl, ha solo slittato i vantaggi economici delle banche, costringendole a pagare di più oggi sul mercato interbancario la liquidità mancante a causa del provvedimento. Frasi come “questa volta devono pagare” o “non possono più dettare legge”, riferite alle banche si riveleranno quindi solo bandiere demagogiche se non saranno accompagnate presto da misure cogenti sulla mobilità, che diano al consumatore la possibilità di ottenere un’offerta migliore dagli istituti di credito. I primi segnali si vedranno già con il tavolo negoziale che sarà istituito tra Abi e governo per redigere la Convenzione che renderà operativo il decreto.
Nonostante ciò, non si può non sottolinearlo, Tremonti ha ottenuto un importante obiettivo: risparmiare ingenti risorse pubbliche da destinare, in un momento molto difficile dell’economia, a necessità più urgenti, tagliando da 4 a 2,8 miliardi le risorse destinate al decreto e scaricando sulle banche parte dello sforzo finanziario odierno. Il maggior reddito su cui i consumatori potranno contare pagando una rata inferiore consentirà infatti di dare più fiato ai bilanci familiari ma anche di stimolare immediatamente i consumi del Paese, fermi da tempo. L’effetto della misura taglia rate sulla crescita sarà infatti sicuramente maggiore di quello garantito dal taglio dell’Ici e dalla detassazione degli straordinari.
di Diana Pugliese

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26 maggio 2008

La falsa guerra di Berlusconi alle banche

La misura presentata a sorpresa dal governo due giorni fa in materia di mutui ha spinto molti a credere che Berlusconi abbia deciso di dichiarare guerra ai poteri forti, quei “salotti buoni” dove non è mai stato accettato davvero. “Se le banche non accettano, allora gli mandiamo la guardia di Finanza”, ha infatti commentato scherzando il presidente del Consiglio, lanciando un segnale al mondo della finanza. Non sono mancati però coloro che hanno evidenziato che il provvedimento, a ben vedere, non risolve il problema e rappresenta al contrario l’ennesimo regalo alle banche, seppur differito nel tempo. Vediamo come stanno davvero le cose. La misura voluta dal ministro Tremonti prevede la possibilità per 1.250.000 famiglie che hanno stipulato un mutuo prima del gennaio 2007 di sostituire l’attuale rata variabile con una fissa, il cui importo è inferiore e pari a quello pagato in media nel 2006, quando i saggi di interesse non avevano ancora iniziato a crescere. La scadenza, ha assicurato l’inquilino di via XX settembre, “sarà quella del mutuo” e, se nel frattempo i tassi saranno saliti, il contratto durerà un po’ di più, altrimenti le banche restituiranno i soldi in più versati dal cliente. Stando ai calcoli dell’Abi, per un mutuo ventennale di 80.000 euro si potrebbe arrivare a circa 850 euro l’anno. I tassi di interesse però, è giusto sottolinearlo, rimarrebbero variabili: il saldo finale dare/avere quindi non potrà che dipendere dall’andamento dei saggi nei prossimi decenni. Ciò significa che la misura attutisce nel breve periodo le difficoltà delle famiglie, oberate dalle rate crescenti dei mutui per la prima casa e dal reddito fermo e corroso dall’inflazione, coerentemente con la visione lievemente “sociale” sostenuta da Tremonti nel suo discusso libro sulla globalizzazione; nel lungo periodo, però, se i tassi di interesse dovessero essere sfavorevoli per i clienti, la misura finirebbero per far pagare loro di più dal momento che nei primi anni del mutuo, per il noto meccanismo di calcolo alla francese degli interesse, il capitale restituito sarebbe inferiore e le rate coprirebbero solo gli interessi crescenti. Come ha sottolineato Gianni Pittella, presidente della Delegazione italiana del Gruppo socialista al Parlamento europeo, inoltre, “l’accordo siglato tra il governo Berlusconi e le banche non affronta il problema principale”, il fatto cioè che “nel settore dei servizi bancari al dettaglio il livello di mobilità dei consumatori non è garantito adeguatamente”. “Finché i consumatori non saranno messi in grado di passare da una banca all’altra con la facilità a cui hanno già diritto grazie alla Legge Bersani - ha spiegato - il mercato non sarà competitivo dal punto di vista dei costi per i consumatori”. Non affrontando nel suo negoziato con le banche il nodo mobilità, richiesto anche dalla Commissione e invano rincorso dal precedente governo con il decreto Bersani, l’esecutivo ha in sostanza attuato un “pannicello caldo”, proteggendo il sistema creditizio dalla corsa al ribasso delle tariffe innescata dalla mobilità. “Bene poter rinegoziare a tassi favorevoli il proprio mutuo, ma molto meglio sarebbe potere anche scegliere di rinegoziarlo” con una banca che offra tassi migliori, ha concluso non senza ragioni Pittella, esortando l’esecutivo ad impegnarsi a far rispettare la legge Bersani.
Che l’attacco alle banche sia stato per ora rinviato, d’altronde, si evince anche da un’altra scelta: il rinvio della misura che prevedeva di far restituire alle banche i pingui regali fatti dal governo Prodi con il taglio dell’aliquota fiscale delle imprese bancarie e i lauti extra-profitti derivati dalla congiuntura. Ufficialmente la ragione è che il governo vuole studiare meglio la questione; non è da escludere però che il contro-documento presentato dall’Abi con la richiesta di concrete contropartite all’esecutivo abbia influito non poco alla decisione finale.
Di certo l’atmosfera per le banche è cambiata rispetto al periodo Prodi, come ha ammesso il presidente dell’Abi, Corrado Fissola, parlando di “sacrifici da fare per le banche” per dare sollievo alla pianificazione finanziaria delle famiglie e “per il sostegno dell’economia nazionale”. Il compromesso raggiunto, però, alla lunga potrebbe addirittura essere favorevole per il settore, basti pensare che il comitato esecutivo dell’Abi ha approvato all’unanimità l’intesa, confermando che tali sacrifici non sono poi così grandi. Il numero uno di Unicredit Alessandro Profumo, inoltre, ha definito l’accordo raggiunto sui mutui “ottimo”, confermando così indirettamente che il “nuovo rapporto con le banche”, voluto dal Pdl, ha solo slittato i vantaggi economici delle banche, costringendole a pagare di più oggi sul mercato interbancario la liquidità mancante a causa del provvedimento. Frasi come “questa volta devono pagare” o “non possono più dettare legge”, riferite alle banche si riveleranno quindi solo bandiere demagogiche se non saranno accompagnate presto da misure cogenti sulla mobilità, che diano al consumatore la possibilità di ottenere un’offerta migliore dagli istituti di credito. I primi segnali si vedranno già con il tavolo negoziale che sarà istituito tra Abi e governo per redigere la Convenzione che renderà operativo il decreto.
Nonostante ciò, non si può non sottolinearlo, Tremonti ha ottenuto un importante obiettivo: risparmiare ingenti risorse pubbliche da destinare, in un momento molto difficile dell’economia, a necessità più urgenti, tagliando da 4 a 2,8 miliardi le risorse destinate al decreto e scaricando sulle banche parte dello sforzo finanziario odierno. Il maggior reddito su cui i consumatori potranno contare pagando una rata inferiore consentirà infatti di dare più fiato ai bilanci familiari ma anche di stimolare immediatamente i consumi del Paese, fermi da tempo. L’effetto della misura taglia rate sulla crescita sarà infatti sicuramente maggiore di quello garantito dal taglio dell’Ici e dalla detassazione degli straordinari.
di Diana Pugliese

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